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Marito contagia la moglie, entrambi hanno l’epatite dopo una trasfusione

350 mila euro il risarcimento per i danni. Storica sentenza del Tribunale di Catania che ha condannato il Ministero della Salute al risarcimento del coniuge dopo che il marito ha contratto l’epatite per delle trasfusioni e, di conseguenza, ha “infettato” anche la moglie

Se il coniuge che ha contratto epatite a causa di emotrasfusioni contagia la moglie, il Ministero della Salute risponde anche di questo secondo contagio”. Questa la sentenza dei Giudici catanesi che ha come protagonisti una giovane coppia. I coniugi che da diversi anni hanno lottato per i propri diritti.

Tutto ha inizio negli anni ottanta quando l’uomo, in seguito a periodiche trasfusioni di sangue, contraeva l’AIDS e l’epatite C. Successivamente, anche la moglie veniva contagiata. I coniugi, dopo aver scoperto di essere ammalati, per anni hanno chiesto al Ministero della Salute di essere risarciti dai danni subiti. La svolta arriva, dopo anni di silenzio, nel 2017 quando la coppia si affida all’avvocato Silvio Vignera. Inizia il procedimento giudiziario nei confronti del Ministero della Salute ed il relativo processo nel 2018.

Il Tribunale di Catania, a seguito di un velocissimo iter istruttorio, che ha visto anche la nomina di un Consulente Tecnico d’Ufficio, che ha accertato il nesso causale tra le trasfusioni praticate all’uomo e le patologie da HIV e da epatite C contratte, da lui quest’ultima, per derivazione, trasmessa anche alla moglie, con emissione di sentenza ha riconosciuto li diritto di entrambi i coniugi ad essere risarciti.

I Giudici hanno così condiviso la tesi difensiva dell’avvocato Silvio Vignera confermando: “il diritto al risarcimento del danno da parte di un soggetto che sia stato direttamente contagiato da patologie virali contratte in conseguenza di emotrasfusioni, quando questi, involontariamente, contagia il proprio coniuge, è legittimo anche il diritto di quest’ultimo a pretendere dal Ministero della Salute il risarcimento per i danni subiti dalla propria persona, seppur quale effetto secondario dell’originaria responsabilità sedente in capo allo stesso Ministero per non avere adottato le misure idonee a prevenire ed impedire la trasmissione di malattie virali mediante l’uso (seppur in ambito medico-sanitario) di sangue, poi risultato essere infetto”.

Epatite A, B, C, o ancor peggio il virus dell’HIV e tutto questo solo perché il Ministero della Salute fra gli anni ’60 e gli anni ’80 non avrebbe eseguito gli adeguati controlli. Sacche di sangue trasportate per i corridoi di numerosi ospedali siciliani, in molti casi infette e trasfuse ad altri pazienti. Un pericolosissimo meccanismo a catena diventato presto allarme sociale.

Le banche del sangue solo da qualche decennio controllano il sangue donato attraverso sofisticati test finalizzati a garantire la sicurezza. Tra gli anni ‘60 e gli anni ‘80, vittime ignare combattono ancor oggi, non solo con le malattie contratte, ma anche con le resistenze dello Stato che a fatica riconosce indennizzi e risarcimenti.

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