RubricaTermini Imerese

Arrivaru i Sabatini – di Nando Cimino

“Arrivaru i sabatini e li casi sunnu chini, n'annacamu cosci e panza cu mazurchi e cuntrananza”

Anche se non sembra, ma siamo in tempo di carnevale; e visto che il periodo non è comunque dei più favorevoli, almeno accontentiamoci dei ricordi. Questi erano giorni in cui anticamente nella mia città, dove si festeggia uno tra i più antichi carnevali d’Italia, ci si divertiva con i cosiddetti sabatini.

Un antico detto popolare in uso proprio a Termini Imerese a tal proposito recitava così: “Arrivaru i sabatini e li casi sunnu chini, n’annacamu cosci e panza cu mazurchi e cuntrananza”. Questo vi avrà sicuramente fatto capire che con il termine sabatini venivano indicate le giornate del sabato; giornate che nelle case della nostra città, proprio in periodo di carnevale e questo fin verso la fine degli anni cinquanta, erano essenzialmente dedicate al ballo. Gli ingredienti, in linea con il tenore di vita di allora, erano davvero semplici; bastava una fisarmonica, o una chitarra ed un mandolino, e si dava inizio alla festa.

Il tutto era addolcito con passati di calia e simenza, di viscuttedda ca ggiggiulena, e qualche assaggio di rosolio o di liquore di ‘nzìnzuli che tanti preparavano in casa con le giuggiole raccolte in campagna. Cose come si vede semplici, ma allora ci si accontentava, ed il divertimento era assicurato. I mascarati, per lo più ragazzi, giravano in gruppo per le strade bussando là dove sentivano u sonu. La musica oltre che dai semplici strumenti di cui vi ho già detto, in qualche caso era prodotta anche dal grammofono (a machina parranti); ed allorché il padrone di casa apriva, uno di loro detto il bastoniere si faceva riconoscere, e quindi veniva consentito a tutti di entrare per prendere parte a qualche ballo.

Si facevano scherzi, si lanciavano coriandoli, e per ringraziare della ospitalità i mascarati offrivano ai presenti anche caramelle. Spesso l’involucro conteneva dei messaggi amorosi; che in tal modo potevano giungere alla propria amata senza destare sospetti. Allora non c’erano i telefonini e le ragazze non godevano certo delle libertà che oggi sono loro concesse; e quindi parlare con l’innamorato era parecchio difficile. Finito il ballo si ritornava in strada a far baldoria o per andare a bussare altrove; almeno fino a quando, a notte inoltrata, si concludevano le danze e tutti facevano rientro a casa.

(Nella foto di copertina, degli anni cinquanta, gruppi in maschera in via dei Bagni).

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