Termini Imerese: I danni collaterali dell’epidemia – di Nando Cimino
Durante l'epidemia di colera del 1837, in tutta la provincia di Palermo, la popolazione “aveva perso l'uso della ragione”

Nel suo testo dal titolo “Storia delle due Sicilie” Giacinto De Sivo riporta di come durante l’epidemia di colera del 1837, in tutta la provincia di Palermo, la popolazione “aveva perso l’uso della ragione”; e credendo che il diffondersi della malattia fosse causata da untori, pensando di averne individuati alcuni ne fece giustizia sommaria. A Termini Imerese il popolo inferocito ne uccise ben dieci solo perché sospettati.
In effetti l’esasperazione aveva raggiunto limiti incontrollabili; nella nostra città i morti di colera alla fine furono circa duemila. Ed a tal proposito in un documento è riportato quanto segue: “…I cadaveri delle persone morte per vaiuolo, tifo esantematico, scarlattina, difterite o colera, senza spogliarsi dei loro indumenti devono essere deposti nel feretro avvolti di un lenzuolo inzuppato in soluzione di sublimato corrosivo al due per mille. Essi direttamente dal luogo del decesso devono trasportarsi al cimitero…”. Come si vede trattasi di argomenti poco piacevoli ma che a volte ritornano di “moda”.