RubricaTermini Imerese
Termini Imerese: Per il Martedì Grasso Preghiere e Testamento – di Nando Cimino
Attraverso i ricordi di taluni nostri anziani troviamo anche la pratica della penitenza in tempi di Carnevale

I confrati, per come ci racconta in un suo scritto il sacerdote don Giò Andrea Guarino, percorrevano le strade portando con se “li stromenti di tortura”; e ciò ci lascia quindi immaginare che praticassero gesti di penitenza, magari solo simbolici, percuotendosi con delle fruste. Ma, attraverso i ricordi di taluni nostri anziani, troviamo anche che la pratica della penitenza in tempi di Carnevale, pur se con modalità differenti, era ancora ben diffusa a Termini fin negli anni sessanta del novecento. Tutto accadeva proprio negli ultimi tre giorni di Carnevale nella chiesa del Carmelo; chiesa dove si teneva un triduo che si concludeva il Martedì Grasso. In quei giorni veniva esposto alla venerazione dei fedeli un mezzo busto che rappresentava il Sacro Volto di Cristo, che vedete nella foto, e che ancora oggi si conserva nella stessa parrocchia.
Qualcuno lo riteneva anche miracoloso ed erano tanti i termitani che partecipavano alle celebrazioni. Tutti si riunivano in preghiera davanti a quella cappella che in quegli anni era affidata alla custodia dei Torregrossa; una nota famiglia di commercianti di legname che proprio li, a pochi passi, avevano la loro abitazione e parte dei loro magazzini. Tale tradizione, che alla chiesa del Carmelo pare fosse ben più antica, era diversa cosa dalle cosiddette “Quarantore”; usanza questa che prevede invece l’esposizione del SS. Sacramento, e che era stata introdotta da San Carlo Borromeo proprio con l’intenzione di riparare ai peccati che venivano commessi durante il periodo carnevalesco.
Ma mi si narra pure che nessun termitano rinunziava comunque al gran finale del suo Carnevale; e così, dopo le preghiere in chiesa, ci si recava tutti in piazza Duomo dove al calar della sera si andava ad assistere al rogo du nannu. In chiusura infatti, e questo è documentato fin verso la fine degli anni sessanta, sulla piazza giungeva un corteo di ripitanti che, così come anticamente facevano anche i Napolitì fuori Porta Palermo, arrivava con in testa u nannu; nella fattispecie un pupazzo di paglia e pezze appeso ad una canna che, dopo la lettura del testamento, veniva bruciato segnando la fine della festa. Iniziava così il tempo di Quaresima.