Termini Imerese: Si litiga per la Processione del Venerdì Santo – di Nando Cimino
Per qualche tempo, a causa di antiche diatribe campanilistiche, di Processioni del Venerdì Santo, a Termini Imerese, se ne svolsero addirittura due
Non è esagerato parlare di liti, perché in certi momenti proprio di questo si trattò; e soprattutto quelli che hanno ormai qualche anno sulle spalle ben sanno cosa successe a Termini nei primi anni settanta proprio a proposito della Processione del Venerdì Santo.
Ricorderete tutti che fin verso la fine degli anni sessanta la Processione del Cristo Morto si effettuava solo nella parte bassa della città; ed i due simulacri erano conservati nella Chiesa di San Giuseppe. Ma per qualche tempo, a causa di antiche diatribe campanilistiche, di Processioni del Venerdì Santo se ne svolsero addirittura due. Da tempo e da più parti, si insisteva sul fatto che trattandosi di una Processione cittadina, essa non potesse limitarsi alla sola parte bassa di Termini ma dovesse interessare anche la parte alta. Pare che a tale eventualità si opponesse fermamente la famiglia Benincasa; ed in particolare Don Nino, l’anziano padre di Sinibaldo.
I Benincasa, che abitavano in un palazzetto signorile della Via San Francesco Saverio dove è oggi un noto negozio di biancheria, erano proprietari dell’urna e di altri elementi che venivano utilizzati a corredo delle due immagini; ed erano proprio loro a farsi carico della organizzazione. Ed erano sempre loro che “sceglievano” quelli che dovevano vestire ed addobbare i simulacri o chi doveva portarli a spalla durante la Processione. La cosa a quanto pare incominciò a non andare più a genio soprattutto al ceto dei contadini che incominciarono a fomentare una sorta di “rivolta” che, anche fra il clero, sfociò in discussioni non proprio pacate.
Alla fine, non potendo raggiungere un accordo, e con il consenso se pur forzato dell’allora Arciprete Don Michele Sarullo, si decise di organizzare un’altra Processione anche a Termini alta. Se ne fece totale carico proprio il ceto dei contadini gran parte dei quali facevano riferimento alla Confraternita dell’Immacolata della Chiesa Madre e che, con in testa il signor Antonino Graziano, provvidero in men che non si dica a raccogliere i fondi per comprare un’altra urna. La Processione non usciva, come oggi, dalla Chiesa Madre; bensì dalla Chiesa di San Marco in via Garibaldi, dove ancora oggi si conservano i due bellissimi simulacri che vennero allora utilizzati.
A Termini bassa come ben potrete immaginare, ci rimasero malissimo ed i mugugni arrivarono fino al Consiglio Comunale dove anche qui le discussioni furono aspre. Infatti, la Processione di Termini bassa vide improvvisamente dimezzarsi il numero dei partecipanti; e soprattutto lasciò l’amaro in bocca il fatto che fossero quasi del tutto venuti meno i tanti bambini vestiti che rendevano la Processione ancor più suggestiva. Questa usanza infatti era molto in auge proprio tra il ceto dei contadini e quindi tutti finirono con il riversarsi nella Processione di Termini Alta. Tale situazione per fortuna non durò a lungo; anche perché erano venute a crearsi situazioni paradossali. Gli amministratori infatti, sindaco e gonfalone in testa, per evitare mugugni e lamentele, si vedevano costretti a spostarsi velocemente da una parte all’altra della città per non far mancare la loro presenza in ambedue i casi.
La pace ritornò nei primi anni settanta grazie alla paziente opera di mediazione intrapresa da Padre Nicasio Sampognaro che, nel frattempo, era subentrato come Arciprete della Chiesa Madre a Don Michele Sarullo il quale aveva lasciato l’incarico nel 1971. Inizialmente, per placare gli animi dei più “integralisti”, si pensò di svolgere la Processione alternandola negli anni; ovvero facendola un anno a Termini Alta ed un anno a Termini bassa. Ma anche questa fu una situazione precaria, che ebbe poca vita. Infatti ben presto, e stavolta in maniera definitiva, si raggiunse l’accordo per ritornare ad una unica Processione cittadina che, partendo però dalla parte alta, terminasse in quella bassa e proprio nella stessa Chiesa di San Giuseppe. Correva l’anno 1974 ed anche questa è storia della nostra città da raccontare.