Termini Imerese: “A Missa additta” – di Nando Cimino
Oggi con questo articolo voglio regalarvi un altro pezzo di storia della nostra città, leggetelo e sarà per tanti di voi un tuffo nel passato
Non so quanti di voi si ricordano ma anticamente, ed almeno fin oltre la metà degli anni cinquanta, nelle chiese non c’erano banchi ma solo sedie. Erano tenute accatastate in un angolo all’entrata ed il sacrestano, o un addetto che tutti chiamavano “u siggiaru”, le consegnava ai fedeli che ne facevano richiesta, ma solo dietro pagamento.
Si perché allora per potersi sedere e partecipare alla messa bisognava pagare “l’affitto” della sedia; e ricordo, sperando di non sbagliare, che negli anni cinquanta il prezzo fosse di cinque lire. Erano sedie che venivano costruite nella nostra stessa città dai tanti artigiani che avevano bottega a Termini bassa nella via detta proprio dei seggiai; ed erano sedie che giusto per questa loro caratteristica venivano chiamate “seggi di chesa”. Nella barra superiore, più larga, recavano incise posteriormente le iniziali con il nome della chiesa; non era solo un deterrente contro eventuali furti, ma serviva più che altro per poterle identificare quando capitava che quelle stesse sedie venissero affittate contemporaneamente e da più chiese, per eventi che si svolgevano al di fuori delle stesse.
In chiesa quindi si entrava, si chiedeva la sedia e si pagava; e u siggiaru, a volte anche una donna, non faceva sconti. C’era pure chi, potendoselo permettere, aveva l’abbonamento. Non so dirvi se ci fosse convenienza; ma qualcuno ne pagava l’affitto mensilmente od addirittura annualmente. Questo gli consentiva di garantirsi la sedia anche quando, magari arrivando all’ultimo momento ed in occasione di particolari ricorrenze molto partecipate, avrebbe corso il rischio di restare in piedi. E così capitava che la Domenica, per poter evitare di pagare, tanti uomini preferissero seguire la messa in piedi. C’erano pure mamme che avendo preso in affitto una sola sedia, tenevano i loro bambini, anche se già grandicelli, seduti sulle ginocchia. Era anche quello un modo per risparmiare; e ricordo pure che a Sant’Antonio, chiesa che frequentavo da bambino, c’era pure chi, abitando nelle vicinanze, si portava la sedia da casa! Alla fine delle funzioni le sedie venivano riconsegnate e la chiesa rimaneva completamente vuota, dando pure l’impressione di essere più grande. Altri tempi, altre storie.